Mi riconosci
- Autore: Andrea Bajani
- Casa editrice: Feltrinelli
- Anno di pubblicazione: 2013
“Ci hai gabbati così, come se nulla fosse, ti sei presentato dentro una scatolina in legno chiaro”.
Poco più di un anno fa, il 29 marzo 2012, nel cimitero di Lisbona denominato Dos Prazeres si erano svolti i funerali di un uomo che non solo era il Maestro ma soprattutto il migliore amico dell’autore del volume che proprio durante le esequie aveva deciso di scrivere questo romanzo.
“Ecco cosa è successo. Abbiamo seguito la macchina scura lungo i viali del Prazeres, camminando piano. Davanti c’erano tua moglie e i tuoi figli. Dopo, tutti gli altri”.
Dal portellone dell’auto che si ferma dopo una curva mentre tutti nel frattempo “ci siamo raccolti a semicerchio intorno alla macchina” non era “uscita l’imponenza che tutti ci aspettavamo per quel commiato”. Era uscita invece una scatolina in legno chiaro la cui misura e le fattezze erano quelle di un gioco da tavolo che ospitavano “un grande scrittore che moriva”.
Quello scrittore si chiamava Antonio Tabucchi che aveva scelto di morire in Portogallo lontano dalla sua patria natale, perché quella terra bagnata dall’Oceano Atlantico solcata da un cielo infinito era il posto giusto per andare via per sempre. Ma quella di Tabucchi a un anno di distanza dalla sua scomparsa (25 marzo 2012) è un’assenza che diventa presenza in tutte le cose che ha scritto. Bajani ha chiarito il significato del titolo di questo bellissimo romanzo durante una recente intervista a Rai Educational.
“Ero stato ospite nella casa in Alentejo a sud di Lisbona di Josè e Antonio. Quando ero venuto via, avevo inviato ad Antonio un sms «è rimasto qualcosa di me oppure il mio passaggio è stato assolutamente dimenticato?». Lui mi aveva risposto come spesso faceva cioè attraverso la letteratura: «Rilke direbbe, Mi riconosci, aria, in piena ancora di luoghi un tempo miei?». Sono versi tratti da I sonetti a Orfeo che sono una delle punte più alte della letteratura e possiedono quella leggerezza che è l’unica che concede di andar a parlare con i morti senza che questo rappresenti il crogiolarsi nel dolore. Qualcosa di molto antico dentro qualcosa di molto contemporaneo come possono essere gli sms...”.
Un poeta sosteneva che la solitudine di un artista è un numero da circo non annunciato e Tabucchi nei mesi precedenti il suo congedo ufficiale sotto il cielo azzurro che si era spalancato su Lisbona aveva molti amici sparsi per il mondo che pensavano a lui. Uno di questi era ed è Andrea Bajani, il quale dall’altra parte dell’Europa nell’ultimo periodo di vita di Tabucchi lo ascoltava raccontandogli storie durante lunghe telefonate notturne che si protraevano fino a quando “l’ultima finestra della strada si era spenta”. La voce calda e rallentata di Antonio a volte faceva assopire Andrea e s’insinuava nei suoi sogni
“e usciva di bocca a qualche amico o parente inopportuno, che con la nostra conversazione non c’entrava niente, e allora mi risvegliavo e saltavo in corsa sopra il treno in transito del tuo discorso”.
Quando lo scrittore aveva intuito che il suo grande amico stava per morire per non arrivare troppo tardi e per non riempire i saluti di rabbia e di rimpianto aveva deciso: “dovevo salutarti”. All’Ospedale di Lisbona, dove lo scrittore toscano era ricoverato, Andrea aveva raccontato ad Antonio Il fiammifero svedese di Cechov che aveva letto in aereo e che Tabucchi sosteneva di non aver mai letto.
“Quella è stata probabilmente la tua ultima bugia...”.
L’autore di Sostiene Pereira, che osservava con disgusto e impotenza il suo Paese da lontano (il suo non fu un esilio ma una scelta di vita), due giorni prima di morire riuscì a dettare al proprio figlio un “monologo di una donna che parla con se stessa, riflessa nello specchio di un salone di bellezza parigino”. Il libro è il sensibile racconto di un dialogo muto tra due individui (“ci siamo incontrati a Parigi che era l’inizio dell’estate, e ci siamo separati in primavera in una stanza d’ospedale di Lisbona”), scandito da stagioni, geografie e “da tutte quelle cose che riempiono lo spazio e il tempo in un rapporto d’amicizia.”
L’autore non nomina mai Antonio Tabucchi ma la sua personalità e figura traspaiono in ogni pagina, perché in fondo il lutto è il tentativo di abitare il vuoto di qualcuno che si è perso.
“Sopra quello sgabello c’era tutto il pericolo del mondo, e tu te ne prendevi cura. Più sopra ancora c’eri tu, in piedi, in quel numero da circo non annunciato, e ti sei tolto il cappello, hai fatto un inchino, e te ne sei andato via”.
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