Mi sa che fuori è primavera
- Autore: Concita De Gregorio
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Feltrinelli
- Anno di pubblicazione: 2015
"Mi sa che fuori è primavera" della giornalista Concita De Gregorio, edito nel giugno
2015 dalla casa editrice Feltrinelli, è un romanzo che ha tratto ispirazione da una storia vera. Si rifa ad un fatto di cronaca accaduto nel 2011, quando Mathias, un padre svizzero, scompare insieme alle due gemelle di sei anni Alessia e Livia, anziché riportarle a casa dalla moglie Irina, dalla quale si era da poco separato. Cinque giorni dopo il tragico evento, l’uomo si dà la morte buttandosi sotto un treno nei pressi di Cerignola, mentre delle due bambine non si saprà mai più nulla.
Irina, di origini italiane, chiede di poter parlare con la giornalista Concita De Gregorio per raccontare quanto accaduto e far sì che la sua dolorosa esperienza possa essere di aiuto a qualcuno. Da questa lunga chiacchierata, in cui l’autrice assume il punto di vista della donna, è nato questo libro, che si propone di rimettere insieme i “pezzi”, un po’ come accade in Giappone: quando un oggetto prezioso si rompe, noi lo buttiamo via, mentre i giapponesi lo ricompongono e ne riempiono le crepe con l’oro, in modo che le fratture risultino belle da vedere. Chi ha sofferto, quindi, secondo questo paragone, diventa prezioso, perché ha conosciuto il confine e sa che nonostante l’assenza della persona amata si può continuare a vivere. Le cicatrici sono viste come un simbolo di rinascita; la fragilità diventa forza.
“L’assenza è una presenza costante: ti sfida in un corpo a corpo quotidiano, ti assedia”.
Il fatto di cronaca non viene trattato da un punto di vista giornalistico, per questo vi sono altre sedi, ma è piuttosto un pretesto per spiegare come una madre possa sopravvivere al dolore più grande, ovvero l’assenza dei suoi figli e continuare ad amare e a provare ancora gioia. Di come il senso di colpa per non essersi accorta di quello che stava accadendo – il malsano progetto che il coniuge andava maturando -, non l’abbia schiacciata né annientata, bensì resa più forte. Irina è una donna che non ha saputo riconoscere la pazzia e che deve convivere con questo dolore, sempre presente. Ciononostante, si è rifatta una vita. Il ricordo delle figlie vive in lei e con lei, ma questa madre adesso ha un nuovo amore, col quale va in Patagonia a vedere le balene. Con coraggio accede ad una nuova luce e, brandello dopo brandello, si cuce tutt’attorno una nuova ragione di esistere.
L’autrice dà vita ad una storia dal ritmo incalzante, che si legge tutta d’un fiato, e traccia un ritratto di questa donna, scandendone l’esistenza attraverso le lettere che scrive all’amata nonna, alla maestra delle figlie, al giudice, al fratello, agli amici. La riporta col pensiero al passato, alle sue radici. Le origini della sua famiglia vengono narrate, così come la sua condizione di madre privata dei figli, facendo notare con rammarico che, in italiano, non esiste neppure una parola per esprimere questo concetto.
Il bisogno di essere ancora felice, ripetuto a voce alta da Irina, contro ogni pregiudizio, porta la speranza e fa capire che ricordare qualcuno vuol dire portarlo dentro di sé.
Rimangono sospese nell’aria parole che devono esserle costate tanto e che diventano una testimonianza che consola.
“Dimenticare è impossibile, ma vivere si deve perché la natura ha deciso così: il dolore da solo non uccide”.
Mi sa che fuori è primavera
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