Nessuna carezza
- Autore: Alberto Schiavone
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Baldini+Castoldi
- Anno di pubblicazione: 2014
Alberto Schiavone in “Nessuna carezza” parla di crisi, quella crisi che è tutta attorno a noi: economica, sociale e civile, e lo fa compiendo un’impresa tremendamente difficile. Per tratteggiarla non può che usare un linguaggio secco e spietato, in cui l’autore è al contempo presente e sempre celato dietro un pesante tendaggio, affacciandosi ogni tanto a strizzare l’occhio al lettore. Di essa dice infatti:
“La crisi. L’incertezza regna sovrana anche sui colpevoli. Non c’è nemico, ci sono solo rimpianti e rancore”.
L’ambientazione in cui si svolge il romanzo è la periferia di una grande città. In un magazzino all’ingrosso lavora Mauro, con un contratto a tempo determinato. La sua compagna, Veronica, è incinta e lei ha un lavoro a tempo pieno; laureata, lavora in un bar vicino alla tangenziale ed ovviamente pretende dal compagno delle garanzie, soprattutto in vista del lieto evento. Non può che trattarsi di un lavoro a tempo indeterminato poiché:
“io un figlio con un padre disoccupato non ce lo voglio! E con un padre assassino, invece? Già meglio!”.
Viktor, il terzo ingombrante personaggio del romanzo, è un omone grande e grosso, collega di Mauro, ma con un contratto a tempo indeterminato, e segretamente innamorato della segretaria dell’ingrosso. Un tipo un po’ strano, infatti:
“non conosce nessuno, ma ha due telefoni!”.
Il romanzo corre su due binari paralleli: Mauro e Veronica che cercano, attraverso un piano delittuoso ed assai improbabile, di risolvere il problema del lavoro precario e Viktor che prova a dichiarare il suo amore per Dana; anche quest’ultima però nasconde un’altra vita, diversa e insospettabile.
È un fiume quieto e limaccioso quello in cui nuotano le solitudini dei personaggi di Alberto Schiavone, un fiume dalle acque torbide di anni di rimpianti, piccoli rancori, ambizioni soffocate dall’incombere delle miserie quotidiane. L’autore non è indulgente con i suoi personaggi, che normalmente:
“annaspano nella solitudine, solo quella sera erano contenti perché in alto vedono la luce”.
Non si offrono al lettore comode scappatoie, oppure piacevoli e speranzosi riscatti, nessun sollievo per la miseria dei dannati che nuotano in tondo, nessuna gloria. Solo una spietata ma poetica rappresentazione della solitudine e dell’inanità degli sforzi volti a romperla. Fino alla fine non rimane nulla, neppure il grande magazzino. La vita professionale è un grottesco e ridicolo gioco di ruolo che non porta a niente e non serve a nulla ma anche la vita privata è nulla, disgregata nell’idiozia dei gesti quotidiani.
E la crisi, economica e, quindi, anche umana, non è altro che un’occasione che la Storia ha ideato per metterci davanti alla nostra inanità, alla pochezza dei nostri sogni di gloria. La crisi ci mostra i nostri sogni senza ali, la nostra assenza di coraggio quindi nessuna concessione, nessuna moralità, nessuna assoluzione finale; “Nessuna carezza”.
Nessuna carezza
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