Ritratto in seppia
- Autore: Isabel Allende
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Feltrinelli
“Se non fosse stato per nonna Eliza, venuta da lontano a illuminare gli angoli bui del mio passato, e per le migliaia di fotografie che si sono accumulate nella mia casa come potrei raccontare questa storia?”
Questa frase appare nell’ultima pagina del libro, eppure sembra d’averla già letta perché l’abile intento letterario della scrittrice ce l’ha come sussurrata tra le righe durante tutta la lettura. Isabel Allende ci ha resi via via consapevoli che quando le proprie radici affondano così lontane, che la ricerca della propria identità diventa un affannoso risalire d’una corrente travolgente, e la fonte si fa sempre più irraggiungibile, ecco le fotografie: scatti per immortalare il tempo e impressionarlo in un’ immagine, un’immagine capace di svelare quello che tanti racconti rubati, a chi ha ancora voce per dire, non potrebbero.
Nel romanzo “Ritratto in seppia”, Isabel Allende riapre il filone genealogico già mirabilmente affrontato con “La casa degli spiriti”, di alcuni personaggi di questo precedente romanzo se ne colgono addirittura, all’improvviso, alcune sfumature in un accenno alla bellissima Rosa e a Clara la veggente.
Anche se in “Ritratto in seppia” i luoghi hanno un intreccio vario, la realtà cilena, con la sua tormentata storia, fatta di soprusi e di riscosse, fa da sfondo alle vicende di personaggi diversi sia per etnia che per estrazione sociale, ma tutti dotati di temperamento, tutti in grado di lasciare un segno nel lettore che li interiorizza e nella vita della protagonista che ne viene caratterizzata.
Aurora nasce a ChinaTown, frutto di una madre molto giovane e molto bella che muore di parto e di un padre che si rifiuta di riconoscerla. Nasce in una dimensione totalmente diversa da quella in cui si troverà a vivere perché il suo destino è fatto di molteplici ed intricate tessiture. Lei a poco a poco troverà il bandolo e districherà un groviglio fitto di nomi, di temperamenti, di cambi di scena, finché sarà soltanto lei a continuare a tessere la trama della propria vita assecondando ambizioni al di là di consolidati perbenismi e luoghi comuni. Questo grazie anche alla carismatica figura di nonna Paulina, donna dal carattere aperto e volitivo, spiccatamente anticonformista e sempre pronta a trasformare qualunque evento in un affare conveniente. L’amore per la fotografia, così a lungo coltivato dalla protagonista nell’ammirare la sequela dei volti degli avi, al fine di ritrovare una parte di sé, finisce con il trasformarsi in una passione vera e propria che la porterà a scegliere non i salotti e le dame agghindate, non quell’immagine edulcorata della vita che si vuole conservare nel tempo nell’illusorio tentativo di conservare il fuggente attimo del benessere, ma sceglierà i momenti più duri, i volti più segnati, i villaggi più umili dei contadini cileni. La fotografia diventerà così la sua ragione di vita, andrà oltre la collezione di quei volti che le hanno permesso di svelare il passato, per proiettarla verso il futuro, un divenire ignaro di ciò che accadrà, ma già consapevole di ciò che vorrà mettere in atto. Tutta una catena di personaggi dal sangue misto le hanno lasciato varie impronte, ma soltanto lei sarà in grado di farne un amalgama nuovo ed unico diventando a sua volta il tassello di un’altra storia magari da raccontare con un’immagine e “la tonalità con cui raccontare … si accorda meglio a quella di un ritratto in seppia …”
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