

Scritti militari
- Autore: Gabriele D’Annunzio
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2024
D’Annunzio, il Vate in armi della letteratura italiana del Novecento, aveva detestato il servizio militare. Chiamato alla leva nel 1889 già ventiseienne, non era un ragazzo come gli altri coscritti e la caserma gli sarà sembrata insopportabile. Che differenza tra il sé stesso giovane letterato recluta e il poeta soldato, che volontario, cinquantaduenne, esigerà non comodi incarichi di propaganda e le missioni più arrischiate, e che la Grande Guerra la combatterà per intero, in terra, sul mare, nell’aria, scrivendone da par suo. Nel 1939, l’ammiraglio e saggista Guido Po raccolse gli Scritti militari di Gabriele D’Annunzio in un volume tornato oggi disponibile, per una preziosa ristampa anastatica (luglio 2024, collana Vette, 266 pagine), su iniziativa del marchio Oaks Editrice di Sesto San Giovanni e con l’introduzione lucidamente illuminante del curatore di questa edizione, il professor Antonio Zollino.
Il docente spezzino alla Cattolica, specialista in letteratura dannunziana, fa osservare che ben pochi contemporanei avrebbero scommesso sulla sua vocazione guerriera, se avessero letto le note oltremodo infastidite che un Gabriele in servizio di leva (differito il più possibile) inviava dal 1 novembre 1889 all’amante di allora, Barbara Leoni. Scriveva di “figure odiose della caserma”, di “desolato luogo”, a volte di “orrore”, fino a concludere che il peggior nemico non avrebbe potuto immaginare per lui un supplizio più feroce, più disumano.
L’anno prima, con L’Armata d’Italia, aveva però dimostrato d’avere a cuore la difesa nazionale e nemmeno quattro anni dopo, nelle Odi navali (1893) rivendicherà l’egemonia marinara italiana, avviando un “pensiero” che, passando dal consenso alla guerra di Libia, nel 1911, lo porterà all’interventismo e al dannunzianesimo bellicista, da convinto, irrefrenabile attivista e combattente. All’entrata in guerra dell’Italia contro l’Austria, il 24 maggio 1915, arruolatosi immediatamente, si accorse che lo si voleva relegare ad anziano ma arringante strumento di propaganda tra le truppe, lontano dall’azione. Inoltrò una sdegnata protesta al presidente del Consiglio dei ministri, affermando tra l’altro di non essere un letterato di stampo antico, in papalina e pantofole.
Io sono un soldato. Ho voluto essere un soldato, non per caffè o a mensa, ma per fare semplicemente quel che fanno i soldati [...] Non soltanto ho la facoltà, ma l’obbligo di stare a combattere.
Pretese e ottenne. Fu osservatore aereo, assaltatore sui MAS tra i protagonisti della Beffa di Buccari, ufficiale di Cavalleria e fante, aviatore ardimentoso e pionieristico, incursore su velivoli da bombardamento e in appoggio alla fanteria a terra, lanciatore di manifestini nel riuscito volo disarmato su Vienna, il 9 agosto 1918. Tutto, nonostante la pesante menomazione a un occhio subìta fin dal gennaio 1916 in un atterraggio d’emergenza.
Era sua intenzione, non concretizzata, riunire successivamente gli scritti bellici e aggiungere nuove pagine sull’esperienza di guerra da ufficiale pluridecorato. Molti anni dopo, alla morte del Vate, Guido Po, capo dell’Ufficio Storico della Marina e già aiutante di bandiera dell’ammiraglio Thaon de Revel, provvide a realizzare il progetto, nella sua intensa attività pubblicistica, raccogliendo numerosi documenti e alcuni autografi sulla guerra esaltata, vissuta e combattuta da D’Annunzio. Ne derivò questo corpus di testi, che comprendono rapporti e relazioni di argomento bellico, discorsi, messaggi, lettere ufficiose e private. Una documentazione nel complesso imponente, che testimonia il modo in cui svolse l’attività di combattente ovunque, dimostrando una pronta adattabilità al nuovo ambiente, la netta percezione dei problemi tecnici relativi alle tre armi, nelle quali si prodigò, restando ferito diverse volte e meritando numerose ricompense al valore. Spicca lo stile inconfondibile del grande pescarese: immaginoso, colorito, sempre preciso tecnicamente. E questo sorprende in particolare, perché mai si sarebbe pensato che un poeta, improvvisato ufficiale, mostrasse tanta competenza e tanta perfezione di linguaggio specifico.
Il professor Zollino si chiede da dove traesse le conoscenze che gli consentivano di dire la sua sulla necessità di modificare il sistema di volo, di accompagnare le azioni terrestri con l’appoggio dall’aria, di dotare i velivoli di un gancio per trattenere le bombe o di aumentare la superficie dei radiatori. D’Annunzio doveva tanto all’esperienza di volo come osservatore e il figlio Veniero era ingegnere aeronautico alla Caproni - i cui modelli migliori vennero preferiti ai Fiat su istanza del Poeta - ma faceva tesoro anche della prodigiosa capacità d’ascolto, di assorbire “ogni elemento fertile” dall’umanità che lo circondava. Doti già mostrate allorché, venticinquenne ignaro di cose militari, aveva potuto rilevare problemi e avanzare proposte per risolverli, solo perché, nei pochi giorni trascorsi a bordo della regia nave Barbarigo dopo l’avaria alla bussola dello yacht Lady Clara, si era soffermato a dialogare con marinai e ufficiali, facendo proprie le loro richieste, lamentele e suggerimenti.
Guido Po sostiene che nelle sue pagine l’arte della guerra acquista un rilievo eccezionale; gli eventi risaltano con sorprendente evidenza; il lettore ne percepisce i più minuti particolari e può ammirare l’alto senso di osservazione con cui il Poeta manifesta la sua sensibilità, ad esempio nella relazione sulla posa di un banco di mine da un cacciatorpediniere, lo scatto dei fanti all’assalto dalle trincee del Carso, i rapporti di volo o la relazione al generale Cadorna, in cui propone una più attiva collaborazione degli aerei con le fanterie.
Oltre a gustare la prosa colorita dell’artista, siamo indotti ad ammirare lo slancio e l’ardore che lo anima.

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