Un indovino mi disse di Tiziano Terzani

Un viaggio alla scoperta del mondo antico della divinazione, che ha il suo incipit proprio con una profezia. 1976: Terzani, corrispondente in Asia per “Der Spiegel”, incontra un indovino cinese, che lo mette in guardia circa il prendere aerei durante l’anno 1993.
Dopo più di un decennio dalla profezia, l’autore si ritrova a dover decidere se dar credito o meno alla stessa. Deciso a non rischiare, decide infine per la prima ipotesi, promettendo a sé stesso che avrebbe, per un anno, viaggiato esclusivamente via terra, previa consultazione dell’indovino di ogni luogo che avrebbe toccato durante quei dodici mesi per lui così particolari. Ne risulta un’avventura straordinaria, resa vivida ed emozionante dallo stile lucido e scorrevole classico delle opere dell’autore. Terzani si ritrova a confrontarsi con decine di indovini diversi, alcuni dei quali si dimostreranno dei semplici imbroglioni, ma altri lasceranno in lui un forte impatto emotivo, dovuto a capacità di proferire dati molto dettagliati sulla sua vita che, a detta dello stesso, potevano essere a conoscenza solo di un numero limitato di persone. L’autore, consultando indovini a Hong Kong, Singapore, in Cina, in Corea, Birmania, giunge alla conclusione che i migliori indovini sono in realtà coloro che sanno, da pochi piccolissimi indizi, ricavare un’ampia serie di dati sulla persona che hanno di fronte. Tale capacità, in parte innata, in parte dovuta ad evidente affinità ed abitudine all’osservazione dei particolari, rende l’indovino “credibile”, in quanto la capacità di proferire sulla vita passata viene, per effetto alone, presa come prova attendibile sulla capacità di descrivere con eguale efficienza la vita futura.
D’altro canto, rimane la sensazione che molti degli indovini incontrati leggessero come “dal medesimo libro” il destino dell’autore: che poi questo libro sia "l’autore stesso" e che la vita sia scritta nel nostro corpo, o che sia un libro immateriale scritto negli astri, non è dato saperlo. Forse è meglio così: non conoscendo l’origine del destino resta, in chi scrive ed in chi legge, quel sottile dubbio che è il senso vero dell’esistenza.