Il giovane favoloso. La vita di Giacomo Leopardi
- Autore: Giacomo Leopardi
- Genere: Storie vere
- Casa editrice: Mondadori
- Anno di pubblicazione: 2014
Giardino di casa Leopardi – esterno pomeriggio.
“È primavera, tre bambini giocano e ridono felici rincorrendosi in un giardino. Il più grande, cinto da una corona d’alloro, ha in mano una spada e annuncia solennemente che inscenerà il suo Trionfo”.
Quel bambino si chiama Giacomo Taldegardo e quella spada è il simbolo del suo genio immortale che condizionerà nel bene e nel male l’intera esistenza futura del poeta dell’animo umano. In occasione dell’uscita de Il giovane favoloso regia di Mario Martone, protagonista Elio Germano, viene pubblicata la sceneggiatura scritta a quattro mani dal regista e da Ippolita di Majo, storica dell’arte del Rinascimento e dell’Età Moderna. Completano il libro oltre trenta foto di scena del film scattate da Mario Spada.
Reduce dal successo riscosso allo scorso Festival del Cinema di Venezia (dieci minuti di applausi), la pellicola nelle sale italiane dal 16 ottobre 2014, nel raccontare la vita di Giacomo Leopardi (Recanati 1798 – Napoli 1837) compie un miracolo finora ritenuto impossibile, quello di filmare la poesia.
“... ho bisogno di entusiasmo, fuoco, vita...”.
Ma è lo stesso titolo che commuove e incanta, tratto da un passo di Pellegrinaggio alla tomba di Leopardi di Anna Maria Ortese contenuto nella raccolta di scritti sulla letteratura e sull’arte Da Moby Dick all’Orsa Bianca (Adelphi 2012):
“Così ho pensato di andare verso la Grotta, in fondo alla quale, in un paese di luce, dorme da cento anni il giovane favoloso”.
Gli autori hanno costruito i testi del film attingendo agli scritti di Leopardi, le poesie, lo Zibaldone, le Operette Morali, e all’insieme del suo epistolario, quel prezioso scrigno attraverso il quale è possibile seguire la vita di Leopardi. L’infanzia e la giovinezza a Recanati con le giornate intere di studio nella biblioteca del padre, conte Monaldo, uomo complesso “carceriere per affetto” secondo la definizione di Martone, “... ora mettiamo alla prova la bravura del mio primogenito Giacomo con un esercizio difficile...”. La madre, contessa Adelaide Antici, donna algida “figura severa e spirituale”, gli amati fratelli Paolina e Carlo. Ancora, la relazione con Pietro Giordani, l’intellettuale liberale che giunge a Recanati per incontrare quel giovane prodigioso provocando la gelosia di Monaldo, il rapporto tenero e di amicizia con il compagno della vita Antonio Ranieri, il periodo a Firenze, a Roma presso gli zii materni, il legame con Fanny Targioni-Tozzetti, la donna che il maggior poeta dell’Ottocento italiano amò senza essere ricambiato “Legate. Voglio essere come la Psiche che tanto vi piace, non voglio vedere nulla”, gli incontri con gli intellettuali del tempo incapaci di cogliere “le magnifiche sorti e progressive” leopardiane. Infine Napoli dove Giacomo morirà a quasi 39 anni alle pendici del Vesuvio in eruzione in una città infestata dal colera lasciando come testamento poetico La Ginestra).
“Qui su l’arida schiena del formidabil monte sterminator Vesevo, la quale null’altro allegra arbor né fiore, tuoi cespi solitari intorno spargi, odorata ginestra, contenta dei deserti”.
L’idea del film è nata nel 2010 quando Martone e la moglie Ippolita di Majo pensarono di portare a teatro le Operette Morali. Andando a Recanati, “un luogo ancora oggi molto evocativo”, il regista napoletano vide il viaggio di Giacomo, cioè quel confronto tra “il natio borgo selvaggio” e la forza di una città come Napoli.
"È un film che fa parte del grande cantiere ottocentesco dei miei ultimi dieci anni, dallo spettacolo su Leopardi a Napoli di Enzo Moscato, l’Ottocento di Rossini, Noi credevamo. Il giovane favoloso è il compimento di tutto" ha dichiarato Martone in una recente intervista. "... Nel grande giardino selvatico che si estende davanti a Palazzo Leopardi, la propaggine del colle si cui sorge Recanati, il monte Tabor".
Qui Giacomo trascorre le poche ore sottratte allo studio in un silenzio interrotto solo dal cinguettio degli uccelli e dalle folate di vento che muovono le foglie dei grandi alberi del giardino. La vegetazione incolta si attorciglia al confine del colle formando una siepe selvatica. Oltre la siepe s’intravede la valle che si estende fino ai Monti Sibillini. È quell’Infinito, quell’anelito di libertà che Giacomo sente nell’intimo, ristretto, costretto non solo dal suo corpo sofferente (affetto dal morbo di Pott, tubercolosi ossea della colonna vertebrale), dal microcosmo familiare ma soprattutto dai confini soffocanti e conformisti di Recanati, perché oltre la finestra della biblioteca assorto in quello “studio matto e disperatissimo”, “c’è il mondo esterno, c’è la vita”.
Ben inserite all’interno della sceneggiatura le declamazioni e le letture delle opere leopardiane tra le quali L’Infinito “sempre caro mi fu quest’ermo colle, e questa siepe, che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude” e La ginestra (evocativo testamento poetico) “Libertà vai sognando, e servo a un tempo Vuoi di novo il pensiero”. Il regista ha sempre asserito che senza Elio Germano non avrebbe fatto il film girato a Recanati a Casa Leopardi. Germano ha dormito nel letto di Giacomo e ha usato la sua scrivania.
“È la sua scomodità che colpisce. Il suo sentirsi scomodo nei confronti di se stesso, della famiglia, della società, del suo tempo, dei sentimenti, dell’amore, è una condizione in cui è facile ritrovarsi nell’età dell’insicurezza, del passaggio dall’adolescenza alla maturità. In realtà è la condizione umana quella che esprime”, ha precisato l’attore per il quale la prova più dura è stata recitare l’Infinito. Accanto a Elio Germano un cast di tutto rispetto: Massimo Popolizio (Monaldo Leopardi), Raffaella Giordano (Adelaide Antici), Isabella Ragonese (Paolina Leopardi), Michele Riondino (Antonio Ranieri), Valerio Binasco (Pietro Giordano), Anna Mouglalis (Fanny Targioni-Tozzetti).
Un giovane scomodo, ribelle quindi favoloso, perché l’immaginazione di Leopardi fu chimerica, visionaria.
“Il vero consiste nel dubbio”.
Un uomo libero di pensiero, ironico e socialmente spregiudicato, moderno, anzi fuori dal suo tempo costretto a vivere immerso in una società ipocrita e corrotta che assomiglia pericolosamente a quella attuale. Sta qui il significato dell’immortalità di Giacomo Leopardi, la cui parabola breve e intensa è donata allo spettatore in un film di grande spessore, capace di raccontare in maniera nuova, poetica e vivida l’artista di Recanati.
“Io vivrò per non chinarmi mai innanzi a nessuno, vivrò sempre nel disprezzo dei disprezzi e nella derisione delle derisioni altrui”.
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