Il lavoro culturale
- Autore: Luciano Bianciardi
- Genere: Classici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Feltrinelli
- Anno di pubblicazione: 2013
Intelligente, ironico, beffardo. Luciano Bianciardi, scrittore, saggista, giornalista, traduttore e critico televisivo toscano, è stato uno dei più illustri intellettuali italiani, che ha saputo essere cantore, nel suo esordio letterario, tra finzione e realtà, delle speranze politiche e delle delusioni culturali nell’Italia post fascista e postbellica. “Il lavoro culturale” scritto inizialmente e pubblicato a racconti su di un settimanale, qualche anno prima della sua uscita in volume nel 1957, riscosse un inatteso successo per gli episodi brillanti ed ironici con i quali Bianciardi delineava idealmente la rinascita economica e culturale della provincia italiana.
Un libro “tra il pamphlet e il saggio di costume”, dallo stile semplice e diretto su consuetudini ed usi nella provincia italiana nei difficili anni del dopoguerra; il racconto graffiante e satirico di un autore, “bohémien metropolitano”, che, insieme a Pier Paolo Pasolini, fu uno dei pochi contestatori del boom economico. Il rapporto tra politica e cultura, uno degli argomenti ancora oggi tra i più importanti e incredibilmente attuale, è il tema portante del libro. Il protagonista e voce narrante Luciano, antifascista e calciatore mancato, descrive i luoghi e i fatti che avvengono nella sua città, verosimilmente Grosseto, e nelle terre dintorni. Narra degli eruditi, gli intellettuali della città (sacerdoti, pensionati delle ferrovie, professori forestieri) e degli archeologi (maestri elementari, avvocati, autodidatti) che animavano pomeriggi lenti e lunghissimi con le loro controversie sulle origini natie. I giovani, ad un certo punto, desiderano rompere le vecchie tradizioni dell’andare solo “al caffè a guardare i grandi che giocavano a biliardo”, ed essere portatori di una differente vita sociale e collettiva.
“La cultura italiana, dicevamo noi, era già abbastanza aduggiata e mortificata da queste forme reazionarie e provinciali, dal campanile, dallo sciocco municipalismo. La nostra città era piccola, e si faceva presto a raggiungere la periferia, verso la campagna piatta e buia”.
La nuova città avrebbe dovuto espandersi fino alla periferia, senza abbandonarla andando via nelle fabbriche e nelle imprese delle città del nord, ma ricominciando dove erano le proprie origini, lavorando insieme e aprendosi alle nuove idee progressiste, come i giovani di Kansas City. Una cultura moderna e spregiudicata, di cinema e di jazz, che allontanasse dai loro pensieri il ricordo delle morti dei giovani ventenni, contadini senza cultura, che in silenzio obbedirono senza capire il perché di turni di vedetta, delle catuscie dei russi e dei carri armati inglesi.
“Perché c’era voluta la guerra a farci capire che esistono due Italie? Da una parte l’Italia dei contadini, quelli che lavorano, e poi fanno le guerre; dall’altra l’Italia del signor generale, del vescovo, del federale. E noi cosa stiamo a farci? Dobbiamo scegliere, o di qua o di là. Noi abbiamo studiato, ma quel che abbiamo imparato non servirà a niente, se non ci aiuta a capire le ragioni dei contadini; se non ci aiuta ad evitare di doverceli portare dietro un’altra volta, domani, e morire insieme senza nemmeno esserci guardati in faccia, senza mai esserci capiti”.
Ed ecco come il nostro protagonista, con l’aiuto degli amici e del fratello minore Marcello, racconta le numerose iniziative organizzate nella loro piccola Kansas City italiana: mostre, cineclub, conferenze ed incontri con illustri intellettuali e artisti che venivano dalla capitale. Proiezioni dei film con Clark Gable, Gary Cooper, Ladri di biciclette di De Sica, del cinema ceco e slovacco. Mostre di pittura e inaugurazioni della biblioteca della città. Con la crisi del libro che perdurava, “complicata dal fatto che moltissimi scrivono e pochissimi leggono”, la biblioteca della città si proponeva di andare incontro al lettore e di invitarlo alla lettura.
“Fu una stagione intensissima: un dibattito su Sacco e Vanzetti, una inchiesta sui fumetti, una conferenza sul teatro di massa, una manifestazione per Beloyannis, con esposizione di un quadro e lettura di una poesia. Poi ci fu il centenario della nascita di Gorki, scrittore progressivo ed amico dell’Italia; ed ancora un dibattito sul riarmo della Germania, uno sull’occupazione americana di Livorno, un altro sul realismo”.
Una lettura originale, sottile e tagliente. In questo piccolo volume, geniale e a dir poco sorprendente, è descritto un lavoro culturale breve ed intenso, come sono le illusioni.
Trilogia della rabbia: Il lavoro culturale, L'integrazione, La vita agra
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