Non leggete i libri, fateveli raccontare
- Autore: Luciano Bianciardi
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Neri Pozza
- Anno di pubblicazione: 2022
Già qualche anno fa, in occasione della ristampa di Minatori della Maremma (libro scritto con Carlo Cassola), si notò un certo risveglio di interesse per lo scrittore Luciano Bianciardi. Fenomeno reso più evidente quest’anno, complice il centenario della nascita dell’autore, dalla pubblicazione di alcuni articoli sui quotidiani, prendendo spunto dall’uscita per la casa editrice Neri Pozza di Non leggete i libri, fateveli raccontare.
Lo scritto esce originariamente nel 1966 sulle pagine del settimanale “ABC” (che ormai da tempo ha cessato le pubblicazioni).
Si tratta di sei lezioni a puntate, pensate per i giovani — ma non tutti i giovani, solo quelli particolarmente privi di talento.
Il manuale ha tratti molto spassosi. La tecnica narrativa è quella dell’understatement.
"Questo è un modello di stile assolutamente non impegnato, che occorre tener presente in ogni circostanza, quando si scrive e quando si parla. Ed ecco alcuni esempi di frasi-cerotto, indispensabili per dire e insieme non dire: «pur nei suoi limiti»,«anche se non siamo perfettamente d’accordo», «un po’ poco», «un po’ troppo». Perché al limite lo understatement coincide con l’ovvio assoluto. Come nell’esempio più illustre: «non appena un francese varca i confini del suo paese, eccolo subito all’estero»."
Luciano Bianciardi, nato a Grosseto nel 1922, è stato insegnante, bibliotecario, giornalista, traduttore, commentatore sportivo.
Promosse un furgone — biblioteca itinerante detto Bibliobus, per alfabetizzare i lavoratori della provincia — e scrisse con Cassola un’inchiesta sui minatori della maremma, sopra citato.
Trasferitosi a Milano era stato assunto e licenziato da Feltrinelli, che però aveva continuato a servirsi di lui come traduttore.
Per scalare il finemese, diventa traduttore a cottimo, centoventi libri tradotti in diciotto anni, battuti a macchina di notte con la sua compagna Maria Jatosti.
Nel 1957 pubblicò l’ironico libello Il lavoro culturale, seguito da L’integrazione (1960).
Il suo romanzo più noto (e anche più venduto), La vita agra (1962), è la cronaca "altra" del miracolo economico italiano. Montanelli lo recensisce con entusiasmo sul “Corriere della Sera” e gli offre un ingaggio al giornale. Offerta rifiutata da Bianciardi.
Il successo gli fa paura: "Per me il successo è solo il participio passato di succedere" afferma appunto.
"Questo Manuale in sei stanze e in sei risate — come felicemente lo definisce Pino Corrias nell’introduzione — è uno degli ultimi pezzi di bravura, declinati in un presente che ancora ci riguarda. Stesso sguardo sperimentato nel lavoro culturale e nell’integrazione, che con la vita agra formano la sua trilogia della rabbia disarmata".
Nell’Italia bigotta scrive di rivoluzione sessuale e traduce i due Tropici di Henry Miller che fanno strillare la censura.
Ma quando a partire dal ’68 inizia davvero, la rivoluzione dei costumi lo coglie di sorpresa. Il mondo sta cambiando e lui non se ne accorge più, stordito com’è dall’alcool.
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