L’agrifoglio
- Autore: Charles Dickens
- Genere: Classici
- Categoria: Narrativa Straniera
A testimonianza di quanto i racconti di Natale di Charles Dickens siano ancora ampiamente letti e analizzati, nel 2012 (in occasione del bicentenario dalla sua nascita) l’editoria nazionale e internazionale ha reso un significativo tributo all’autore vittoriano par excellence, risultando florida di nuove pubblicazioni o riedizioni dei romanzi più amati.
Tra queste, la short story natalizia "L’Agrifoglio" che, inserita nel filone dei Christmas Books, rappresenta ben più di una commuovente storia sospesa tra il fantastico e il reale. All’interno di questo volume è racchiuso un intento di natura pedagogica, perché viene insegnato a grandi e piccini che esistono spiriti buoni e cattivi e quindi solo la scelta umana potrà orientare le azioni seguendo gli uni o gli altri.
Di Charles Dickens, per quanto concerne le storie brevi, non possono essere dimenticate le ghost story intrise di senso del macabro e confacenti al filone del terror e del noir e anche dell’horror. In tal senso, si pensi ai racconti della tata, come "Capitan Omicidio" o ancora "Confessione trovata in una prigione", inseriti nella collana "Da leggersi all’imbrunire", il cui titolo è tratto da una delle storie di fantasmi e apparizioni più note, oltre alle cronache di Dal finestrino. Racconti e brani giornalistici (Palomar, 2000) in cui sono i tratti peculiari di un genere altamente eclettico, come il racconto giornalistico, a rendere palese la volontà autoriale di sperimentare nuovi stili e nuovi linguaggi.
Nello stesso anno anche Garzanti editore, nella collana I Grandi Libri, pubblica una Christmas short story, la più amata forse in quanto racchiude in sé tutto ciò che di buono può scaturire dal Natale, ovvero la rinascita di un cuore dalle sensazioni ormai sopite perché incapace di battiti accelerati: è quello di Scrooge, il protagonista di "A Christmas Carol". A differenza di quest’ultimo però, nel racconto oggetto della presente recensione, è lo stesso autore che, spinto dall’impulso di comunicare al suo pubblico l’effetto della magia del Natale provato in prima persona, scrive "L’Agrifoglio" come un vero e proprio racconto di matrice autobiografica.
È quindi lo stesso Dickens a esperire un’avventura ai confini del reale e, dividendo la diegesi nella triade 1. Me stesso, 2. Gli stivali, 3. Il conto, sottolinea il valore speciale attribuito a uno dei periodi dell’anno più attesi e desiderati. L’atmosfera fiabesca e fantasmagorica che avvolge la storia dell’agrifoglio, simbolo indiscusso del Natale come il vischio, rende ancor più evidente il riferimento al mondo degli spiriti e dell’irrealtà. Si potrebbero portare innumerevoli esempi di racconti dickensiani di tale stampo, ma questo è forse da ritenere il più originale per gli spunti legati alla letteratura di viaggio: nella prospettiva delineata è Charles-viaggiatore che effettua un allontanamento dal/nel reale, tracciando un percorso verifico e parimenti ideale. Il punto d’arrivo è una locanda in cui l’attesa del miracolo del Natale si realizza e tuttavia, ancora una volta, l’obiettivo è un’analisi più profonda del percepibile, con un salto fantastico e trascendentale in una realtà ‘altra’ in cui le facoltà d’osservazione e intendimento del circondario si alterano, mostrando che è possibile capire e trattare il naturale alla luce della misteriosità e del sensazionale, tipici del sovrannaturale.
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