Le parrocchie di Regalpetra
- Autore: Leonardo Sciascia
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Adelphi
Nella premessa all’opera Le parrocchie di Regalpetra (Einaudi, 1956), Sciascia, assegnando fiduciosamente alla scrittura un ruolo di conoscenza e interpretazione della realtà, di protesta sociale e rinascita, scrisse:
Ho tentato di raccontare qualcosa della vita di un paese che amo, e spero di aver dato il senso di quanta lontana sia questa vita dalla libertà e dalla giustizia, cioè dalla ragione. La povera gente di questo paese ha una gran fede nella scrittura, dice – basta un colpo di penna – come dicesse – un colpo di spada – e crede che un colpo vibratile ed esatto della penna basti a ristabilire un diritto, a fugare l’ingiustizia e il sopruso. Paolo Luigi Courier, vignaiuolo della Turenne e membro della Legion d’onore, sapeva dare colpi di penna che erano come colpi di spada; mi piacerebbe avere il polso di Paolo Luigi per dare qualche buon colpo di penna: una ‘petizione alle due Camere’ per i salinari di Regalpetra per i braccianti per i vecchi senza pensione per i bambini che vanno a servizio. Certo un po’ di fede nelle cose scritte ce l’ho anch’io come la povera gente di Regalpetra: e questa è la sola giustificazione che avanzo per queste pagine.
Un diario sui generis si potrebbe definire Le Parrocchie, un “archetipo” di tutta l’opera di Sciascia, che, intrecciando la memoria individuale con quella collettiva, contiene gli argomenti degli scritti successivi dell’autore. Il suo “retroterra culturale” proviene, per citare appena due nomi, da Verga e da Pirandello, dalla conoscenza delle imposture che si sono realizzate nella storia, dalla presa di coscienza di un potere come dominio.
Ampia la ricerca documentaria di fonti orali e scritte, innestata su una fine letterarietà dove la lucida lingua è ordine e misura della ragione. La scrittura dai toni elevati di matrice rondesca è complessa: fa interagire il presente con il passato, la narrazione con il saggio, mediante documenti d’archivio, ricostruisce gli eventi attraverso aneddoti, recupera la memoria collettiva e focalizza l’attenzione sull’immobilismo sociale del paese, impermeabile a ogni sorta di mutamento. In quest’ottica, il processo inventivo, che si nutre di storia e di cronaca, risponde all’esigenza di ricerca della verità sull’uomo, per restituirgli la dignità violata dalle connivenze politico-mafiose.
Regalpetra metaforicamente è la Sicilia con i problemi irrisolti del presente e del passato; specificamente è Racalmuto, in provincia di Agrigento, dove lo scrittore ha avuto le sue radici, essendovi nato e avendo lì svolto l’attività di insegnante elementare per otto anni, dal 1949 al 1957. È noto che i suoi rapporti con la scuola non siano stati dei migliori, Sciascia non ha remore a confessarli apertamente:
Non amo la scuola; e mi disgustano coloro che, standone fuori, esaltano le gioie e i meriti di un simile lavoro. Non nego però che in altri luoghi e in diverse condizioni un po’ di attenzione potrei cavarla da questo mestiere d’insegnare. Qui, in un paese remoto della Sicilia, entro nell’aula scolastica con lo stesso animo dello zolfataro che scende nelle oscure gallerie....
Sciascia non ama i condizionamenti ambientali negativi, che lo caricano di sensi di colpa e che profondamente, come uomo, lo turbano: causano disuguaglianze e frustrazioni, demotivazione e meccanismi selettivi. Si diventa veramente uomini, fiduciosi nel progresso, quando ci si libera dalle ingiustizie; quando si mettono da parte le paure derivanti da una vita materiale precaria e insufficiente e si destabilizzano i privilegi di classe, ridando aria pulita alla realtà; quando la scrittura utilizza la ragione per un nuovo corso della storia, orientato ad assicurare la realizzazione del binomio inscindibile di libertà e giustizia sociale, spezzando le catene della cieca necessità dentro cui si capita nascendo.
Guardando se stesso, Sciascia volge lo sguardo alla comunità di appartenenza; la sua autobiografia lo fa entrare in relazione con i bambini innanzitutto, vittime di un ambiente che abbrutisce nello spietato lavoro delle zolfare. Sciascia pensa ai suoi figli che non sono gracili e neanche tristi, non vanno a servizio, non nutrono rancore e il confronto lo rode:
… e i miei figli stanno invece a leggere il giornalino, le favole, hanno i giocattoli meccanici, fanno il bagno, mangiano quando vogliono, hanno il latte il burro la marmellata; parlano di città che hanno visto, dei giardini delle città, del mare. Sento in me come un nodo di paura. Tutto mi sembra affidato ad un fragile gioco; qualcuno ha scoperto una carta, ed era per mio padre, per me, la buona; la carta che ci voleva. Tutto affidato alla carta che si scopre. Per secoli uomini e donne del mio sangue hanno faticato e sofferto, hanno visto il loro destino specchiarsi nei figli. Uomini del mio sangue furono carusi nelle zolfare, picconieri, braccianti nelle campagne. Mai per loro la carta buona, sempre il punto basso (…) Ad un momento ecco il punto buono, ecco il capomastro, l’impiegato; e io che non lavoro con le braccia e leggo il mondo attraverso i libri. Ma è tutto troppo fragile, gente del mio sangue può tornare nella miseria (…). Finché l’ingiustizia sarà nel mondo, sempre, per tutti, ci sarà sempre questo nodo di paura.
Luogo deputato all’incontro è il Circolo della “Concordia”:
Il popolo lo chiama ancora circolo dei nobili (o dei galantuomini dei civili dei don); i soci lo chiamano semplicemente casino.
Dettagliata la descrizione di questo microcosmo sociologico che esclude braccianti e zolfatari e salinari: gli ambienti, le modalità di iscrizione dei borghesi, le idee politiche dei soci caratterizzano questo mondo paesano, in cui si riversa la vita di ogni giorno vista come confino, a seguito di processi storici in cui Regalpetra ha subito il dominio della forza. Le vicende del paese vanno dalla morte del conte Girolamo Del Carretto, avvenuta il 6 maggio 1622, fino alla campagna elettorale per la terza legislatura dell’Assemblea Regionale Siciliana. Ai Del Carretto, padroni del paese, segue la famiglia Sant’Elia che continua a governare con gli stessi metodi dello sfruttamento più avido, cioè una mera sostituzione di famiglie che peggiora lo stato delle cose.
La narrazione dell’excursus socio-storico prosegue fino alla formazione del Regno d’Italia, per giungere dal fascismo all’avvento della Repubblica. Poi la mafia e l’uso clientelistico del voto, la protezione assicurata ai delinquenti da parte delle famiglie padronali, nonché l’assassinio del sindaco, voluto dagli americani, nel 1944. Sono questi gli assi portanti di Le parrocchie di Regalpetra, che troveranno nuovi sviluppi nelle opere successive di Leonardo Sciascia.
Le parrocchie di Regalpetra
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