Tempo da elfi
- Autore: Francesco Guccini Loriano Macchiavelli
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Giunti
- Anno di pubblicazione: 2017
Loriano Macchiavelli e Francesco Guccini. Anzi, meglio col trait d’union: Macchiavelli-Guccini, come dire il giallista-giallista e il cantautore-giallista. Da vent’anni e diversi libri in qua la storia è questa: sodalizio ultra rodato. Regge alla prova del tempo e a quella del best-seller annunciato. Mi ci gioco tutti i dischi del cantautore-giallista di cui sopra, che andrà così anche per questo nuovo “Tempo da elfi. Romanzo di boschi, lupi e altri misteri” (Giunti, 2017), e ci andrà a buon diritto.
Gli ingredienti ci sono, lo sfondo appenninico (contraltare a quello isolano à la Camilleri) e il morto ammazzato pure. Senza contare i soliti sospetti, una pletora alquanto ampia e assortita. E c’è anche il ritorno dell’ispettore della Forestale Marco Gherardini – alias “Poiana” – che ormai da qualche giallo ha raccolto il testimone del vecchio maresciallo Santovito. A dispetto della discreta consistenza delle pagine (301), la trama si tracanna d’un fiato, sulla scorta del vino buono che si beve dalle parti di Case di Sopra, Macondo all’emiliana costretta a misurarsi con elementi di novità (il confronto/scontro pasoliniano tra l’arcaico e la modernità?):
- l’insediamento sulle montagne di sparute comunità neo hippy (autonominatisi Elfi);
- due spari;
- il cadavere di un giovane elfo, rinvenuto sfigurato ai piedi di un dirupo, senza che di lui si sappia un accidente: né passato né nome.
È questa la storiaccia su cui deve far luce Marco Gherardini, come se non bastassero le preoccupazioni per l’imminente passaggio dei forestali al corpo dei Carabinieri e i sospetti che nutre su alcuni dei suoi amici.
Il romanzo si dipana alla maniera classica del giallo “di indagine”, riservando ai capitoli conclusivi la soluzione del mistero.
Inciso: non appartengo alla categoria dei lettori-detective. Cioè non riesco a indovinare il colpevole prima che me l’abbia rivelato l’autore. Sono una schiappa certificata, insomma: ormai non provo nemmeno a tirare a indovinare. Al cospetto di “Tempo da elfi”, sono rimasto fedele alla mia inettitudine, affidandomi agli indizi, ai depistaggi, alle digressioni geografiche, a quelle sugli usi e costumi del luogo, ai colpi di scena, ai moventi veri e falsi, alle verità nascoste e alla verità infine conclamata, disseminate a meraviglia tra le pagine del romanzo. Posso dirvi che la fiducia è stata ben riposta, e se qualcuno, parlando dell’assassino di “Tempo da elfi”, dovesse venirsene fuori col classico “l’avevo capito” tipico dei lettori di gialli più bravi (o più sbruffoni) - probabilmente sta mentendo sapendo di mentire.
L’intreccio narrativo è fitto, credibile, tessuto a dovere, e il colpo di scena servito all’approssimarsi del the end rientra nel gioco, e nel piacere della lettura. Ve ne rivelo un’altra, l’ultima nella circostanza: mi sono fissato con la definizione di “giallo antropologico”. È mia e mi è saltata in mente nel tentativo di spiegare in modo ulteriore il genere inaugurato/frequentato da Francesco Guccini e Loriano Macchiavelli. Non credo passerà alla storia, trovo però possa essere indicativa del taglio sociale insito nel sotto-testo dei loro romanzi. Leggetevi quest’ultimo, per cominciare, e semmai fatemi sapere.
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