Tra il silenzio e il tuono
- Autore: Roberto Vecchioni
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Einaudi
- Anno di pubblicazione: 2024
Ascolto-leggo-pondero Roberto Vecchioni, il suo specifico mi appare oscillare tra diacronie e sincronie del tempo e della storia. Un affiorare sottile e roboante di stati d’animo tra il silenzio e il tuono. Che è un verso della sua canzone sanremese Chiamami ancora amore, e adesso anche il titolo del suo nuovo libro appena pubblicato Tra il silenzio e il tuono (Einaudi, 2024).
Un (non)romanzo di coloritura intensa, meditato e da meditare, edificato su lettere cifra di ogni lettera pensata e/o scritta e mai spedita. In quanto missiva insonne, o alcolica, o troppo intima e dolorosa, veritiera fino al sanguinamento. In quanto coniugazione e paradigma di ogni lettera (vera o falsa) scritta in ogni tempo e luogo dalla notte dei tempi.
Cinquantatré lettere, e ciascuna un racconto pubblico/privato. Come un’ipotesi di autoanalisi, lettere redatte ben oltre l’ora del cane e del lupo, nell’ora intima degli eco spartiti tra coscienza e cuscino. L’ora dei conti fatti e di quelli che non tornano. Lettere come diario, un modo ulteriore di parlare a sé stessi e a un nonno immaginario che non risponde – troppo sordo o lontano in quanto fantasioso doppelgänger?, oppure in quanto Dio?, addirittura Dio in persona -; un altro modo di misurarsi col tempo che è passato. Passato comunque anche lui tra il silenzio e il tuono. Poichè la prosa di questo (non)romanzo (auto)biografico avviluppa e ritempra mente e cuore, sarebbe da assumere in traslato come poema musicale. Il più intimo ed esteso concepito sin qui da Roberto Vecchioni.
Dentro la partitura bene orchestrata dei lemmi ci passa la vita di silenzi e tuoni (nomen omen). Ci passano diverse altre antinomie. Ci passano stati d’animo in agguato. Sottili all’abbrivio di metafisiche ed atti impuri. E d’altro canto è di questa materia dialettica che si consustanzia il piano tematico della narrativa (scritta e cantata) di Vecchioni. Nelle declinazioni sdrucciole di epos e quotidiano, amore/dolore, San Siro che resterà per sempre quella delle luci della canzone, i sempiterni greci del teatro e della filosofia, Corrado Augias, Dio (che spesso non ci sente da tutte e due le orecchie), Walter Veltroni, libri letti e tradotti in ideali, il padre e la madre, Daria, i figli, i cavalli...una miriade di ricordi ulteriori affioranti come morgane di vita al tempo stesso vissuta o sognata sotto l’egida immanente della Nera Signora di Samarcanda, emissaria di Tempo e Destino.
I racconti del libro si dipanano dunque in due voci: una di esse è quella di Roberto Vecchioni che scrive epistole a un nonno-metafisico – gli scrive di infanzia, di impegno, studi, passioni, canzoni, ferite e vittorie. L’altra voce è del nonno, che non si cura di rispondergli ma si intuisce benevolo, e indirizza i suoi scritti a personaggi reali o immaginari, illustri e non illustri della storia (a Schubert, come al custode del Big Ben londinese, e a misconosciuti scrittori russi), sfiorando argomenti e teorie disparati. In sintesi: le missive di Vecchioni sono lettere d’amore, riflesso di vita vissuta – amata, lacrimata, cantata, sofferta, celebrata - con anima e corpo. Le lettere del nonno sono propaggine di astrazioni. Pensieri delle volte coincidenti con qualcosa che – indicativamente - sembrerebbe essere accaduta a entrambi.
Il nonno e il nipote. In un passato-presente sovrapponibili e sovrapposti, convergenti e centrifughi in direzioni ulteriori.
Ma la malia irretente di Tra il silenzio e il tuono, va ricercata oltre la mera (non)trama (la trama libera-associativa della vita dell’autore), si colloca cioè nella forma luminosa della prosa vecchioniana, capace di assecondare i colori del buio e i lampi di luce, disvelare sé stesso, “gli uomini, il mondo e farne poesia” (Ultimo spettacolo).
Soltanto un estratto, tra i mille che potrei addurre ad esempio. Si trova a pagina 48 del libro, passaggio della lettera “Agli studenti del liceo scientifico Giorgio Buchner di Ischia”, preposta a divagare sul senso del teatro per i greci e quindi, in fin dei conti, sul senso autentico e obliato della vita:
(…) Perché, vedete, la domanda più giusta sarebbe “Chi siamo noi?” oppure “Cos’è l’umanità?”. E così tento di spiegarvelo con l’invenzione più grande di tutti i tempi, la domanda eterna all’inganno della realtà e del sogno: il teatro. Di navi cozzanti, di meraviglie della scrittura, dei dibattiti per decidere insieme, della verità che sarebbe nelle idee piuttosto che nelle cose, dell’orgoglio patrio, dell’io che si denuda in musica, delle stelle inseguite come messaggi, delle biremi o triremi che spazzavano il mare verso la Calabria e la Sicilia, dell’armonia del numero, delle scintille geometriche, del sudore, degli assalti, delle ritirate, cose pure immense e magnifiche, non mi interessa parlarvi. Vi basta la scuola. Il teatro. E’ lì, in quello spazio raccolto tra cielo e mare, in quel silenzio ventoso, all’imbrunire di un sole calante, che s’acquieta il rumore fatuo del giorno, l’assillo del tempo; è lì, soltanto lì che l’uomo si trova faccia a faccia col mistero di vivere, ritratta il suo splendore e consuma la sua miseria, rimbalza le sue domande e ci invia frammenti di risposte che da sempre traduciamo in nuove domande, perché così si va, per squarci intermittenti di una luce intensa che ci arriva da lontano.
Quella di cui è capace Roberto Vecchioni (anche) in questo libro, è assoluta melodia della prosa: Tra il silenzio e il tuono è un libro da assaporare con l’anima, da ascoltare pagina dopo pagina.
Tra il silenzio e il tuono
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Grazie professore, anche questa volta non mi ha deluso 👍