Non si fruga nella polvere
- Autore: William Faulkner
- Genere: Classici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Adelphi
- Anno di pubblicazione: 2022
Se la memoria ci è fedele, il romanzo Non si fruga nella polvere pubblicato nel 1948 (due anni dopo il suo autore vincerà il Nobel) ha conosciuto fino a ieri soltanto la traduzione italiana dell’indimenticabile Fernanda Pivano, risalente a più di settant’anni fa.
Adesso esce una nuova versione di Non si fruga nella polvere di William Faulkner nella traduzione di Roberto Serrai (Adelphi, pagine 240, euro 19), che ha accolto l’ardua sfida di portare nella nostra lingua il ricco e complesso linguaggio di Faulkner, uno scrittore che sembra consegnato definitivamente al mausoleo della grande letteratura, mentre lui, più vivo che mai, continua a spostare la sua onda lunga sotto varie latitudini, compresa la Colombia di Gabriel Garcia Marquez.
La mitica ridondanza lessicale di Faulkner è stata fin troppo sottolineata e ha dato vita a una certa aneddotica di cui fa parte anche l’episodio di Hemingway che, a detta di Malcom Cowley, scrisse a quest’ultimo che:
Faulkner ha più talento di tutti ma…non elimina mai il superfluo. Gli avrei fatto volentieri da aiuto.
Ernest Hemingway, maestro della scrittura essenziale, non considerava che ciò che lui chiama “superfluo” è il necessario per Faulkner e che il Sud faulkneriano avrebbe avuto un aspetto e una musica profondamente diversi senza la potenza, la fluvialità, le torsioni temporali e la particolare retorica della sua prosa.
Questo vale anche per Non si fruga nella polvere, romanzo che appartiene a quella saga dell’immaginaria contea di Yoknapatawpha nella quale Faulkner ha ramificato genealogie e ambientato la maggior pare delle sue opere.
Il protagonista è il contadino mulatto Lucas Beauchamp, che era già apparso sei anni prima in Scendi, Mosè e che qui viene accusato di aver ucciso Vincent Gowrie, rischiando per questo di essere linciato. Lo aiutano due ragazzi e un’aristocratica decaduta con i quali Lucas andrà a riesumare il cadavere dell’assassinato, scoprendo così che non si tratta di Gowrie. Ritornati con lo sceriffo, si accorgeranno che la tomba in realtà ora è vuota.
Non aggiungiamo altro, se non che nello stesso anno della pubblicazione la Metro Goldwin Mayer comprò per una somma notevole a quel tempo, cinquantamila dollari, i diritti cinematografici del romanzo, aprendo così allo scrittore le porte della tranquillità economica. Anche se Faulkner rischiò di giocarsi quella fortuna insistendo perché il film fosse girato non negli studi di Hollywood, ma in quel Sud profondo al quale lui aveva dedicato tante pagine e tanta nostalgia. Alla fine ebbe partita vinta perché Clarence Brown, il regista di Greta Garbo, fece a Oxford, nell’Ohio, le riprese di quello che poi fu giudicato un film ammirevole.
Per alcuni il libro non è da annoverare fra i migliori dello scrittore americano, e sarà anche così, ma la voce con cui William Faulkner racconta enigmi e personaggi della contea di Yoknapatawpha, seppure incrinata da qualche luogo comune della sua epoca sulla gente di colore, resta fra le più memorabili e innovatrici della narrativa novecentesca.
Non si fruga nella polvere
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