Rien ne va plus
- Autore: Antonio Manzini
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Sellerio
- Anno di pubblicazione: 2019
L’assassinio di un impiegato del Casino di Saint Vincent porta alla scoperta di un intreccio di malaffare e corruzione. Un’indagine spinosa per Schiavone, ma soprattutto una nuova tappa nel suo percorso doloroso di maturazione e rinascita.
Questo nuovo capitolo della serie, "Rien ne va plus", avente per protagonista Rocco Schiavone costituisce il prosieguo di un dittico narrativo inaugurato dal precedente “Fate il vostro gioco” (Sellerio; 2018). Fin dai titoli è manifesta la contestualizzazione della vicenda negli ambienti del gioco; infatti la nuova inchiesta del vicequestore romano trasferito ad Aosta prende avvio dall’assassinio di un ex dipendente del Casino di Saint Vincent.
L’indagine aveva portato, nel romanzo precedente, alla cattura dell’assassino, un collega di lavoro della vittima. Nel nuovo episodio l’indagine si dilata fino a scoprire gli intricati intrecci malavitosi concresciuti intorno alla macchina mangiasoldi del Casino e porterà alla luce il torbido che si nasconde dietro la facciata inamidata e perbene di un sistema irreparabilmente corrotto.
Non esiste innocenza, nulla si salva. Lo sa bene il vicequestore Schiavone, che osserva lo spettacolo di degrado e abiezione del mondo, che gli sta intorno dalle feritoie di uno sguardo cinico e disingannato, in apparenza. Se non fosse che a rendere così umano e fraterno il personaggio di Manzini, è la sua insospettabile sensibilità, che trae origine da una ferita (l’assassinio della moglie Marina, morta al suo posto durante un agguato) che continua a suppurare. Il 7/7/2007 (una data, una cabala beffarda) l’orologio di Schiavone si è fermato. Come dopo una strage. Lasciando un cumulo di macerie. E un tempo dilazionato, diverso, in cui resta lo spazio per pensare, in cui è dato rivivere soltanto, non più vivere. Ed è questa qualità del tempo, quasi un esilio interiore popolato shakespearianamente di spettri, che intridendosi nella coscienza del vicequestore ne determina la qualità peculiare della sua coscienza, il suo modo di essere e di percepire la realtà.
Schiavone non giudica, mai, perché il tanfo e il marciume in cui è costretto per dovere d’ufficio a mettere le mani gli è entrato inesorabilmente dentro. È un uomo d’azione, che purtuttavia, dietro la parvenza di un vivere rozzo e superficiale, segretamente continua a scavare intorno alla voragine di una domanda, di un “perché” in cui consiste il dolore assurdo di chi deve andare avanti, nella’agone meccanico dell’esistenza, spingendosi più giù nell’assenza, nell’ombra senza una plausibile ragione. Un personaggio maestoso e misero, un antieroe che dissemina tracce di eroismo quotidiano, una personalità fragile e rocciosa, sensuale e intimamente spirituale, che avvince e commuove, legandoci a sé.
E quanta maestria, e sensibilità, da parte del suo creatore, nel far crescere di volta in volta il personaggio, accompagnandolo nel percorso di una difficile maturazione, alternando alle singole appassionanti inchieste l’evoluzione del suo dramma privato, fino a denudarne la vulnerabile umanità e al contempo i desideri di una vita interiore che continua, nonostante tutto, a cercare una purezza. “Rien ne va plus” non è solo una frase da giocatori di roulette è una metafora del Destino. Che incombe nel bene nel male su tutti noi e ci indirizza dove vuole. Forse persino a una Felicità che non crediamo di meritare. “Cinico e baro”, il Destino, somiglia un po’ a Schiavone. Da qualche tempo nella sua casa aostana (e nella sua vita) è entrato Gabriele, un adolescente problematico e tenero e Rocco gli ha aperto la porta. Forse che il Destino lo sta indirizzando verso la più mirabile e impervia delle strade? Quella della paternità?
Rien ne va plus
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