Un paese felice
- Autore: Carmine Abate
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Mondadori
- Anno di pubblicazione: 2023
Carmine Abate ci consegna una storia che, fin dal titolo Un paese felice (Mondadori, 2023), sembra promettere il racconto di una fiaba con il classico lieto fine, ma la voce narrante si premura di avvisarci che sarà una storia di dolore e, forse, avrebbe dovuto lasciarla sepolta sotto il fango insieme a quel magico paese che portava nel nome una promessa di felicità:
Ma le storie sono più tenaci della nostra volontà, persino della memoria collettiva. E, quando pensi di averle rimosse per sempre, t’incalzano fino a sedurti con le loro voci di sirene.
Era nato nel 1896 - con il favorevole auspicio del nome - il paese di Eranova, per segnare l’inizio di un’era libera dall’oppressione dei padroni; per meglio dire, di don Vito Nunziante che faceva il bello e il cattivo tempo a San Ferdinando (in provincia di Gioia Tauro) che aveva fondato dopo aver bonificato i terreni con i suoi soldi: “ricevendo in cambio tre quarti dell’intera proprietà” dai Borboni.
Il nome era stato scelto dal più battagliero dei suoi fondatori, Fernando Rombola, chiamato per questo motivo “U Baraunda” e l’occasione era stata data un incendio scoppiato la notte della Madonna del Carmine, il 16 luglio 1894, che aveva bruciato non solo le case, le stalle, le masserie, i pagliai; ma aveva acceso nei cuori il desiderio di liberarsi finalmente dal giogo di don Vito Nunziante.
Specialmente alcuni massari e contadini erano stati in America e avevano conosciuto la libertà; chi:
Aveva saporato la libertà, che oltre all’aria che respiriamo è pura come l’acqua frizzante e, una volta bevuta, non puoi più farne a meno.
Aveva colto l’occasione per non avere più padroni e - rifiutata la finta carità a buon mercato del marchese - aveva deciso di fondare quel paese al confine con Gioia Tauro, pur sapendo che lì avrebbe avuto a che fare con una specie di deserto vicino al mare.
Così raccontano gli abitanti di Eranova a Lorenzo, che è un giovane studente universitario di Spillace, vicino a Crotone. A Bari ha conosciuto e si è innamorato di Lina, che è nata e vive a Eranova. La storia d’amore dei due giovani procederà in parallelo alle ansie, alle speranze e alle disillusioni sulla sopravvivenza di un paese sul quale incombe un destino di morte da quando è stato approvato il cosiddetto “Pacchetto Colombo” che prevede la realizzazione del quinto polo siderurgico in Italia nella piana di Gioia Tauro.
La famiglia di Lina, soprattutto i nonni: Mastro Cenzo, definito dai suoi compaesani il miglior muratore della Calabria e Donna Mena e tutte le paesane e i paesani accoglieranno e riconosceranno da subito Lorenzo come uno di loro; d’altronde, anche il giovane viene dal Sud e i suoi sono emigrati in Germania e faticano soprattutto per farlo studiare. Anche Lorenzo nelle ultime estati li ha raggiunti ad Amburgo per lavorare e guadagnare qualcosa, ma quell’estate decide di passarla nel paese della ragazza: tra mare, amore e la lettura di Cent’anni di solitudine, che narra di un “paese felice” come quello di Eranova e presto ammetterà con sé stesso che quella è stata l’estate più bella della sua vita.
La voce narrante è proprio quella di Lorenzo, che si confonde spesso con quelle di mastro Cenzo, di donna Mena, di Lina e dei paesani che parlano, parlano, parlano e raccontano raccontano raccontano una storia dopo l’altra; frammenti di storie, vite e personaggi anche defunti, per ingannare la morte “come tanti piccoli Omero, tanti Sherazade” e per far conoscere Eranova e tutto il suo giovane passato a Lorenzo:
Mi piace ascoltare queste storie incredibili, dare un volto e un nome a chi non c’è più rinventare i nessi che mancano, le immagini e i dialoghi, come se nella mia testa girassi un film.
Il racconto è corale, il linguaggio è spesso formulare, infarcito di proverbi e modi di dire e serve a ricreare l’atmosfera di incanto e di bellezza ammaliante del paesaggio del borgo, sfondo ideale per una vita da sogno.
Donna Mena è la nonna di Lina ed è nata un anno dopo la fondazione di Eranova, una delle testimoni più attendibili delle memorie del paese.
Emblematico è il passo in cui ricorda e narra del Capodanno del 1900 festeggiato sulla spiaggia dalla grande famiglia dei “fondatori” di Eranova, che si sentivano finalmente liberi, perché quella era che un’epoca in cui:
I padroni la dignità te la rubavano con la violenza dei loro guardiani armati. Se poco poco alzavi la testa sudata dalla terra non tua, se chiedevi ciò che altrove ti spettava di diritto, te la schiacciavano senza misericordia.
A Eranova invece ti sentivi protetto dalla comunità.
Mastro Cenzo, giovane mastro favricatòre, stava per andare a fare fortuna in America, ma poi conosciuto Salvatore Caputo e accettata la proposta di costruirgli una casa a Eranova conosce sua figlia Mena, della quale si innamora e con la quale dà inizio alla discendenza di Lina. Con l’intenzione di ospitare Lorenzo, mastro Cenzo ripulisce e sistema insieme al giovane una bella casetta vicino al mare, circondata da alcuni alberi da frutta.
La gioia di un’estate spensierata viene offuscata dalle prime avvisaglie che i timori di Lina sull’inizio della realizzazione del Pacchetto Colombo sono reali; pochi giorni dopo la sistemazione della caseda, nella proprietà di mastro Cenzo irrompono un ingegnere e i suoi operai per rilievi topografici, perché come gli spiega lo Stato ha deciso di investire nella Piana di Gioia Tauro per creare migliaia di posti di lavoro: «Qua faranno il porto nonno, ci sarà il progresso finalmente! Non possiamo vivere solo di zappa e partenze». Vengono cacciati con sussiego dal vecchio, che lascia a Lorenzo il suo vecchio fucile caricato a sale grosso per cacciare eventuali prossimi seccatori.
La nera chera di morte incombe su Eranova, ma nessuno dei suoi abitanti crede che il progetto sarà realizzato, i paesani che il giovane definisce “sognatori ingenui, che alle prime difficoltà appoggiano i piedi per terra” parlano di tutto tranne che dei pericoli che corre il paese; nessuno, infatti, teme davvero la sparizione di Eranova:
Qui la rimuovono come da giovani si rimuove l’ombra di vento della morte. Tutti sappiamo che prima o poi ci agguanterà, ma sotto sotto non ci crediamo e ci illudiamo che possa succedere il miracolo, che non debba capitare proprio a noi o che capiti fra cent’anni, in un futuro ammantato di eternità.
Mena, con un’energia e una costanza ammirevoli, coinvolgerà prima Lorenzo e poi alcuni abitanti del paese a mobilitarsi contro la realizzazione del centro siderurgico, perché non si può accettare la trasformazione in cemento di centinaia a e centinaia di ettari di terreno strappato al deserto da braccia operose e reso un paradiso di agrumi, olivi, viti con l’odore delle zagare a profumare tutto intorno e un mare accogliente e cristallino, che donna Mena definisce un paradiso che sarebbe un peccato mortale distruggere.
La nonna di Lina afferma perentoriamente che se davvero Eranova dovesse essere distrutta, vuole morire prima per non vedere quella disgrazia.
Mena scriverà lettere accorate al Presidente della Repubblica, al Capo del governo, al papa. Ma a opporsi con lei, sono troppo pochi; infatti, anche quando, il 25 aprile del 1975 per la posa della prima pietra arriva addirittura il Ministro per gli Interventi straordinari del Mezzogiorno, Andreotti; nella piazza affollatissima quasi tutti chiedono che il centro si costruisca, perché può dare finalmente una prospettiva di benessere e lavoro e solo una sparuta minoranza da Eranova chiede il contrario.
Il tempo passa e la prima pietra resta tale; sembra che alcuni politici credono che una volta costruito il quinto centro siderurgico andrebbe sicuramente in perdita, perché ormai il settore siderurgico è in crisi; sembra che ci sia ancora speranza di salvare Eranova; ma è solo un’illusione. Infatti, prima a San Ferdinando, poi a Eranova, anche nella proprietà di mastro Cenzo vengono tagliati tanti alberi da frutta.
Lina continua a lottare, riceve una lettera di risposta da Pasolini che – incontrato dopo una sua conferenza a Lecce – promette a lei e a Lorenzo che dopo essersi informato bene su Eranova ne scriverà, anche se dovranno essere gli eranoviani a ribellarsi; ma il 2 novembre del 1975 il grande intellettuale viene ucciso.
Mentre le ruspe avanzano e i lavori per il porto cominciano a ingranare; Lina e Lorenzo si fidanzano in casa, dopo la laurea di Lorenzo. Cominciano a essere tagliati gli alberi, gli ulivi vengono estirpati con tutte le radici perché chissà quanti finiranno per essere trapiantati nelle ville dei ricchi imprenditori al Nord e i contadini cominciano ad accettare i soldi degli espropri perché ormai non si può più fermare la macchina del progresso e opporsi è inutile.
E il 31 ottobre del 1978 in trentamila arrivano dalla Calabria per chiedere che finalmente il centro siderurgico sia costruito e ancora una volta Lina, Lorenzo e una decina di abitanti di Eranova sono la triste minoranza che nessuno ascolterà.
Nonostante alcune donne incinte si sdraino perfino davanti alle ruspe quando le ruspe arrivano in paese, la mobilitazione di circa quattrocento poliziotti e gli arresti rendono tutto inutile. Tutti prima o poi si renderanno conto che non c’è più nulla da fare per salvare la propria storia e la propria memoria, oltre al bellissimo paese tra mare e agrumeti profumati che è Eranova.
Resisterà fino a un certo punto mastro Cenzo, resisteranno fino a un certo punto nella loro caseda Lina e Lorenzo, mentre il deserto che esisteva lì prima di Eranova riemergerà dalle ceneri, mentre ogni segno di vita sarà estirpato e gettato nel fuoco.
Un paese felice
Amazon.it: 17,57 €
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Un paese felice
Lascia il tuo commento