Io sono il castigo. Un caso per Manrico Spinori
- Autore: Giancarlo De Cataldo
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Einaudi
- Anno di pubblicazione: 2020
La realtà contemporanea in forma di romanzo noir: Giancarlo De Cataldo scrive per offrire ai lettori momenti di svago e qualche strumento di lettura per capire cosa accade intorno. Lo scrittore-sceneggiatore tarantino, a Roma dal 1974 per studiare ed esercitarvi la magistratura in parallelo alla produzione letteraria, non ha mai fatto mistero di praticare una narrativa d’evasione e non considera un reato distrarre la gente dagli affanni quotidiani. E sì che di reati se ne intende, tanto per la carriera in Corte d’Assise quanto per quella da giallista. Incontriamo in questa veste il non ancora 65enne giudice con la penna d’oca nel taschino della toga, nel suo titolo giallo più recente, Io sono in castigo. Un caso per Manrico Spinori. Novità Einaudi nella primavera 2020 (240 pagine), è capofila di una nuova serie poliziesca, avviata all’ennesimo successo di pubblico e di critica, per la vena felice del collaudato De Cataldo, che per gli appassionati del genere è un invito all’acquisto senza nemmeno sfogliare qualche pagina.
Sarebbe lungo riassumere l’attività da scrittore: una ventina di sceneggiature, oltre dieci soggetti, e un paio di testi teatrali (è anche drammaturgo) in aggiunta agli oltre trenta romanzi, compreso il bestseller Romanzo Criminale (2002), portato al cinema da Michele Placido nel 2005 e reso una serie televisiva molto seguita per la regia di Stefano Sollima.
È magistrato anche il nuovo protagonista seriale, Manrico, per gli amici Rick, sostituto procuratore a Roma. La città e la lingua del Belli sono un must nelle storie gialle di Giancarlo, che padroneggia alla grande il romanesco di qualche comparsa (ammesso che si possano chiamare così anche nei libri), un valore aggiunto che rende briosi e spesso divertenti certi dialoghi. I testimoni non dicono “è uscito”, ma “è sortito”; la gente non va di fretta, “sta de prescia” e chi non è “mai stato ar gabbio” si professa “’ncensurato”. La romanità è grande nei romanzi di De Cataldo, che non si riducono però a questo particolare, di cui l’autore non abusa, dopotutto.
Cosa c’è di più romano della Tosca? L’opera di Puccini si svolge in una sola giornata, nella chiesa di Sant’Andrea della Valle, poi a Palazzo Farnese, infine a Castel Sant’Angelo, triste prigione per il pittore Cavaradossi e teatro del drammatico gesto finale della splendida Floria. È al tragico destino dei due amanti che sta pensando il dott. Spinori, durante una bella rappresentazione del melodramma nel Teatro dell’Opera. Gli accordi del finale del secondo atto vibrano ancora mentre Manrico raggiunge il foyer, quando vibra anche il cellulare. È di turno e lo chiamano sul “luogo del ritrovamento”, il terzo atto è andato, gli tocca spostarsi oltre Tevere.
Conosciamolo da vicino questo giudice romano appassionato di lirica: capelli grigi, lineamenti fini che concedono al volto una bellezza classica senza tempo. Si muove con compostezza ed eleganza che distinguono anche il modo di vestire.
Raggiunge una vecchia strada tortuosa che scende dal Gianicolo su piazza San Pietro. C’è il cadavere di un uomo, scomposto sull’asfalto dopo l’impatto di un’auto contro un muro. Non indossava la cintura, è stato sbalzato fuori dall’abitacolo di una macchina d’epoca, roba da collezionisti ricchi e non ha avuto scampo. Chi ce l’ha fatta è il conducente: è quello ch’è sortito sulle sue gambe dal veicolo accartocciato, tutto bianco e col sangue dappertutto. Così verbalizza il testimone oculare, un geometra che ha chiamato il 118 e fatto soccorrere il superstite. Questo per dire della maestria con cui De Cataldo aggiunge particolari a particolari, senza appesantire il racconto e distrarre il lettore, che tiene avvinto alle scene descritte come le inquadrature di una fiction.
Il teatro dell’incidente, nella discesa della collina alla basilica, offre senza tanti giri di parole l’occasione di presentare la squadra investigativa del sostituto: Orru, Vitale e Cianchetti. È all’opera il medico legale Gatteschi, uno dei pochi a non considerare il PM romano un tipo eccentrico.
Il nome del defunto sui documenti non dice molto, ma il ferito (“non andavamo forte, ma l’auto mi è scappata da tutte le parti”), rivela che il settantenne de cuius era un urlatore popolarissimo negli anni ye ye. Questo provoca nostalgia in Manrico e nessuna reazione nell’ispettore Deborah Cianchetti, giovane e coatta. Del resto, hanno niente in comune e lui non si fida di lei (urlare in continuazione al cellulare: un marito, un fidanzato?), che ha sostituito il fidato maresciallo Scognamiglio, passato a miglior vita in silenzio.
Sorpresa: Manrico Costante Severo Fruttuoso Spinori della Rocca è un nobile dei conti di Albis e Santa Gioconda. Viene svegliato ogni mattina da un “valletto” che gli dà del “contino” (quanto al “valletto” è la “regina madre” Elena a ostinarsi a chiamare così il buon Camillo) e accudito nell’ufficio di Piazzale Clodio da una segretaria di 45 anni che non ne azzecca una con gli uomini, Brunella.
La Cianchetti, romana del Trufello, non va giù neanche alla Orru (Gavina, sarda tostissima) e alla leader della squadra di polizia giudiziaria tutta al femminile, Sandra Vitale, sui 40, che con le maniere sue gentili fa parlare anche i sordomuti.
L’incidente di via delle Fornaci? Qualcuno ha tagliato il tubo dell’olio dei freni, il PM lo riferisce al procuratore capo Gaspare Melchiorre. Se gli antenati di Manrico erano conti quelli del superiore non hanno avuto scrupoli nell’esporre un Melchiorre a eterni sfottò.
Tra uno sguardo di Spinori alla legge e uno alle donne, la vicenda gialla cresce brillantemente, in una Roma da set di film poliziesco.
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