L’albergo stregato di Wilkie Collins

Wilkie Collins (1824-1889), londinese, figlio di un pittore, che per lui aveva pensato a un futuro fuori dal mondo artistico, è considerato l’artefice della narrativa d’indagine, in particolare dopo la pubblicazione di "La pietra di luna" che, secondo T.S. Eliot, è da ritenersi "il primo e il più grande romanzo poliziesco inglese, un genere scoperto da Collins, non da Poe"; anche pensando a "La donna in bianco" e "Armadale", l’opera più conosciuta al grande pubblico.
Quando era agli albori della carriera letteraria conobbe Charles Dickens con cui strinse una solida e duratura amicizia. I viaggi esplorativi che fecero insieme nei quartieri poveri della capitale inglese e non solo di questa città, influenzarono la scrittura di entrambi, lasciandone traccie indelebili. Il padre di Oliver Twist e David Coppierfeld lo introdusse nel settimanale da lui fondato, l’Household Words, chiamato poi All the Year Round, cui diedero l’apporto anche altri autori vittoriani, tra i quali Elizabeth Gaskell con il suo capolavoro Nord e Sud.
Collins si orientò anche sul filone fantastico e lo fece talmente bene che Chesterton disse riferendosi a lui e a Dickens:

Erano due uomini che nessuno può superare nello scrivere storie di fantasmi.

Ed è proprio di soprannaturale che parliamo con "L’albergo stregato" (titolo orginale "The Haunted Hotel") pubblicato due anni prima che l’autore morisse, edito Newton Compton nel 2016 con traduzione di Umberto Ledda. Uscito a puntate nel Belgravia Magazine, narra un’oscura vicenda accaduta in un antico e decadente palazzo veneziano che anni dopo verrà trasformato in hotel. Il romanzo si apre con una scena bizzarra quanto enigmatica che vede una delle protagoniste, la contessa Narona, vestita di nero, "dal viso di un colorito spettrale", presentarsi presso uno stimatissimo medico, il dottor Wybrow, per chiedergli se, sulla base di un accadimento verificatosi e che la riguarda, non stia in realtà impazzendo. La donna rimasta vedova è in procinto di risposarsi con Lord Montbarry che però è fidanzato con un’altra donna, di indole diversa nonché più giovane, di nome Agnes ed è convinta che questa abbia un malevolo influsso su di lei. Il medico la liquiderà non ritenendo il fatto importante, perlomeno dal punto di vista scientifico, ma allo stesso tempo questo incontro suscita in lui una forte curiosità e cerca di sapere qualcosa in più sulla dama e quello che scoprirà sarà pure peggiore o perlomeno più nebuloso rispetto alle sue impressioni iniziali.
Il matrimonio poi fra la contessa e Lord Montbarry si terrà e i due sposi andranno nella dimora al centro del racconto, tra l’umidità delle calli lagunari, tetri silenzi e nascondigli segreti, completamente immersa in un’ambientazione dal sapore gotico. Quando poi il palazzo diverrà, per l’appunto, un hotel, i misteri si acuiranno fino alla risoluzione finale, che vedrà coinvolti numerosi altri personaggi tutti legati a doppio filo con la coppia.

Wilkie Collins, anche se già dalla prima pagina ci porta dentro il mistero, lo fa volutamente con una certa lentezza, tenendo anche conto che il romanzo venne pubblicato, come capitava molto spesso all’epoca e come si è detto, a puntate.
La descrizione degli interpreti sia principali che secondari e degli eventi - interamente elaborata in terza persona - è sempre vivida e, con alcune scene "terrifiche", la suspense si carica di patos. Inoltre, com’era tradizione di molta letteratura del tempo, alcuni accadimenti vengono svelati al lettore attraverso l’esame della corrispondenza e anche questo contribuisce a creare la giusta tensione narrativa.
Un libro, "L’albergo stregato", consigliato ovviamente agli amanti del genere, ma chi ancora non conosce Wilkie Collins può cominciare a farlo con un testo più breve rispetto agli altri sicuramente più celebri e pur tuttavia piuttosto corposi. Un grande romanziere che, grazie a diverse e recenti edizioni italiane, si sta rileggendo con successo.