Contro l’Arte per tutti. Mallarmé, Baudelaire, Poe
- Autore: Edgar Allan Poe Charles Baudelaire
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2021
Esistono piccoli editori di nicchia che fanno la gioia dei bibliofili. Non rincorrono il mercato e non attendono consensi se non dai loro lettori affezionati. Uno fra questi è l’editore Raffaelli, che offre agli amanti di poesia un libro dal titolo provocatorio: Contro l’arte per tutti. Mallarmé, Baudelaire, Poe (2021, pp. 104, a cura di Chetro De Carolis). Il testo raccoglie tre scritti: Eresie artistiche di Stéphane Mallarmé, Nuove note su Edgar Allan Poe di Charles Baudelaire e Il Principio Poetico di Edgar Alla Poe. Tutte voci di grande calibro e prestigio.
La tesi dei tre poeti è la medesima: è la visione della poesia come terreno elitario e aristocratico, destinata a nutrire lo spirito di chi lo volge verso l’alto e non solo verso il mondo in senso orizzontale, e sa cogliere l’afflato vivificante di quel "vento" di reminiscenza evangelica che soffia dove vuole. De Carolis sa, e afferma, che l’ispirazione poetica è per ciascuno "ma non per tutti". Tutti sono chiamati a goderne, ma non a tutti è concesso farlo. Non si stupisce che oggi
"l’obbrobrio ideologico-spettacolare trionfi sulla Bellezza, l’ideologia antiestetica sull’Arte (che è insieme un’offerta a, e una via verso, Dio).”
I saggi sono una condanna della diffusione della poesia in quanto merce. Fin qua mi trovo in perfetta sintonia, visto che ormai scrivere poesia è diventato un modus operandi narcisistico diffuso e consumarla assomiglia quasi al rito dell’aperitivo al bar. In tal modo se ne snatura la sostanza, rimasta identica e non soggetta a mutamenti e mode, che è ispirazione divina di metafore e idee provenienti dalle Muse in senso classico.
Ma con ciò il discorso non si esaurisce, anzi la riflessione è appena iniziata e può portare molto lontano. Per esempio va trattato a pollice verso il "poeta operaio"? Lo afferma Mallarmé. Pongo la domanda ai lettori e non ricerco una risposta frettolosa. Su un altro piano, quello della mistica e della filosofia, abbiamo un grandissimo pensatore, Jakob Boheme, studiato e amato da James Joyce, figlio di un ciabattino, anima sublime, le cui opere sono veramente frutto di ispirazione e non di erudizione o vicende contingenti. Un poeta operaio potrebbe essere altrettanto capace di interpretare la "vita alta" come l’ha chiamata Jiménez? Sì, a mio parere, a patto che non si attardi a scrivere versi di mero sfogo sentimentale, privi di meditazioni di vasto respiro. Come se Leopardi avesse raccontato della gallina, ma non avesse fatto seguito al resto nel canto La quiete dopo la tempesta. La gallina "che ripete il suo verso" ha un’enorme dignità e presenza vitalistica se inserita nel gioco universale della vita.
Gli anfiteatri greci furono costruiti per contenere tutti i cittadini, affinché potessero godere dell’arte come rito sacro e catartico, ciascuno secondo le sue facoltà interiori.
La valenza universale non può essere disattesa e tradita. Oggi accade spesso. Spesso la poesia diventa cronaca spicciola insensata, oppure "doxa" opinione condivisa in modo quantitativo, statistico. Perde lo stupore, la meraviglia e il suo carattere di rivelazione.
Baudelaire è il più estremo nelle considerazioni ed esprime in termini lirici un pensiero degno di grande meditazione. Compie una distinzione tra l’"uomo selvaggio" (che non è l’operaio alla catena di montaggio) e l’"uomo civile" che ha perduto il legame cosmico con i ritmi naturali e sacri. È una distinzione di cui tenere conto:
"Per natura, persino per necessità [l’uomo selvaggio] è enciclopedico, mentre l’uomo civilizzato si ritrova confinato nelle regioni infinitamente piccole dello specialismo. […] Mentre l’uomo selvaggio, sposo temuto e rispettato, guerriero costretto alla prodezza personale, poeta nelle ore malinconiche in cui il sole calante invita a cantare il passato e gli antenati, rasenta al massimo il limine dell’ideale.”
Baudelaire, è da notare, non parla del "poeta contadino", ma dell’uomo di città, asservito a ritmi e stili di vita che di poetico non hanno più nulla, alienanti, antipoesia. Penso a Corrado Govoni, privo di studi regolari per vicende familiari, medium stupendo della natura. Nella cultura popolare molte sono le voci di uomini semplici, anche dialettali, che hanno interpretato in modo aulico e raffinato la voce corale del popolo, e sono pura poesia. Salvatore Di Giacomo è uno di questi.
Mallarmé si esprime con toni dolenti ed estremisti:
"Che le masse si occupino di morale, ma non di grazia, non concedete loro di guastare la vostra poesia.
O poeti, siete sempre stati orgogliosi; ora siate di più, diventate sprezzanti!”
Maria Callas sapeva bene tutto ciò quando affermava che parlare d’arte "è difficile". Spesso è meglio tacere quando ci si trova di fronte all’inesprimibile. L’arte non è un mestiere, ma una missione. Diverso è il caso del critico, il suo è un mestiere, e i suoi elogi, così come le denigrazioni di un artista, non sempre sono scevri da pregiudizi, se non addirittura da posizioni di comodo.
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